Il Pil reale, forse non è proprio un boom
Il deflatore del Pil per capire quanto si è cresciuti
![](https://8c2846b4e1.clvaw-cdnwnd.com/546d2056702af0dbda80752ae2b8c5a5/200000106-1d48a1d48c/performance.png?ph=8c2846b4e1)
Nel 2021 è scoppiato il boom economico, una crescita che non si vedeva da decenni.
In termini numerici è certamente vero; il probabile +6% del PIL italiano nel 2021 è quasi da paesi emergenti. Lo stesso vale per altri paesi e per gli Usa che possono vantare crescite importanti ma, forse, non è tutto oro ciò che luccica.
É chiaro che dopo i primi 6 mesi del 2020 e un crollo epocale, la ripresa doveva essere decisa e forte come non mai, ma nel 2021 dobbiamo considerare anche altri aspetti.
E allora ecco che dobbiamo distinguere tra Pil nominale e Pil reale. Il primo è il numero in percentuale indicato sopra, il secondo, invece, è da calcolare prendendo in considerazione tutti gli elementi che hanno portato a quel 6%.
In pratica, quanto è dovuto ad un aumento della quantità prodotta e quanto è dovuto all'aumento dei prezzi ? É tutta qui la differenza.
A fronte di un PIL che a fine anno dovrebbe raggiungere un incremento del 6% possiamo verificare che ad ottobre (non si hanno ancora i dati di novembre e dicembre) la produzione su base annua è cresciuta solo del 2%, in calo rispetto al dato dei mesi scorsi e l'inflazione sui consumi, invece corrisponde ad un 3,8%. In Europa si arriva al 4,9% e negli Usa a novembre si è arrivati al 6,8%. In Italia, l'aumento dei prezzi alla produzione, sempre su base annua, è arrivato al 22%.
É da questi dati che si comprende come fino ad ora le stesse banche centrali abbiano spesso dichiarato che la ripresa c'è e si consoliderà sempre più, ma che al momento presenta ancora dei pericoli.
Da quanto sopra, infatti, si evince che la maggior parte della crescita del PIL è dovuta all'aumento dei prezzi; aumento dovuto alle materie prime che sono schizzate verso l'alto. Aumento che non si è riversato su salari e stipendi riducendo il potere d'acquisto delle famiglie e riducendo il valore reale di quei 1.700 miliardi di risparmi depositati sui conti correnti che, oltre ad essere privi di rendimento, si trovano ad aver perso quasi il 4% di valore reale; per i tedeschi il 6% dato che tale è il valore in Germania dell'inflazione.
Il terrore delle banche centrali viene da tutto ciò. Avere un'inflazione di medio-lungo periodo ha portato ad abbassare le previsioni di crescita per l'anno che verrà portando l'aumento del PIL ipotizzato al 4,2% in Europa con un'inflazione prevista almeno al 3,8%. Potremmo avere nel 2022 un PIL reale irrisorio.
Tutto ciò lo dobbiamo parametrare con un 2020 che ha segnato PIL negativi, in Italia in ribasso di oltre il 9% con un'inflazione, però, vicina allo zero.
Ala fine è facile comprendere che l'anno attuale è stato tutt'altro che un Boom economico in stile anni '60, ma un buon brodo caldo dopo l'anno burrascoso dell'inizio della pandemia; e con prospettive che non si possono definire rosee.
Sono tanti i temi scottanti sul piatto e ben pochi ne parlano e vogliono approfondire queste situazioni. Forse anche perchè tutti sono in attesa degli eventi.
Entriamo in una fase che non si vedeva da anni, decenni: inflazione elevata, fine dell'immissione di liquidità da parte della Fed e riduzione da parte della Bce, politiche monetarie fortemente differenti tra Europa e Usa, inflazione e materie prime in aumento........
Quali le conseguenze su economia, sistema finanziario, occupazione, consumi, famiglie e mercati ?
Difficile a dirsi, sono tante le componenti a cui si dovrà far fronte e ancor di più le incognite.
Ma si dovrà investire comunque, perchè se non lo si farà si ridurrà il valore del denaro fermo. Ma si dovrà fare con molta oculatezza e sempre pronti ad intervenire. La volatilità la farà da padrone.
É vero, come molti sostengono, che non vi è una vera alternativa all'azionario dato che i rendimenti obbligazionari sono bassi e l'aumento dei tassi sarà molto (forse troppo) graduale, ma è altrettanto vero che il taglio della liquidità sui mercati, l'inflazione, il possibile calo dei consumi potrebbero ridurre gli utili aziendali visti ancora in deciso rialzo anche nel 2022.